forse non è bullismo

Non volevo più trattare questo argomento, però non ce l'ho fatta a tenermi dentro questa riflessione che consegno alla sensibilità di chi leggerà. Probabilmente la vicenda, che riporto per sommi capi, non può annoverarsi nella casistica del "bullismo" in senso stretto perchè, purtroppo, fa parte di un complesso modo di vivere diffusissimo nella nostra epoca. Un mio cugino di ventisette anni è, da tempo, precipitato in una psicosi gravissima che lo ha relegato in una dimensione di svantaggio totale, con la necessità di ricorrere a cure specialistiche e all'uso degli psicofarmaci. Era un bambino normalissimo ma molto timido, buono e studioso. A scuola aiutava tutti i suoi compagni che erano in difficoltà, ma pian piano (lo dice lui) veniva ricambiato con atteggiamenti di derisione palese o velata, che comunque coglieva completamente data la sua intelligenza e sensibilità. Il suo ingresso nella scuola media, e nell'adolescenza, non ha fatto altro che accentuare queste problematiche, essendo incapace di difendersi con quella sorta di animalità che muove l'azione di moltissimi ragazzi: la tracotanza, l'imbecillità, l'irriverenza, l'irrisione, l'approccio alle ragazze con quella leggerezza che consente il tentativo di usarle quasi o come fossero un oggetto. Lui non poteva nè intendeva percorrere quella via, per cui cominciò a ritirarsi in se stesso, con un ripiegamento anche fisico, con il viso sempre più basso e la schiena ricurva come un punto interrogativo, grande quanto grandi erano tutte le domande che la sua mente rimuginava. Ma ciò ha un prezzo elevatissimo, con una caduta in un mondo psichico fatto di estrema solitudine, di paure, di enormi difficoltà, di incapacità di condurre una vita sociale normale: è impossibile anche andare in una pizzeria senza sentirsi addosso gli occhi di tutti. Oppure prendere un bus urbano senza che qualcuno di quei ragazzi molto in gamba, magari per farsi più bello agli occhi di una ragazza, non ti spari addosso quel sorrisino di scherno, da persona che sa già tutto della vita.
Mio cugino ha continuato gli studi e si è diplomato all'Istituto d'Arte, prendendo poi la laurea, ma la sua vita è irrimediabilmente relegata in un mondo che possiamo ricondurre a quello dei diversamente abili. La sua vita è estremamente difficile perchè la sua notevole intelligenza gli consente di rendersi conto della propria condizione e del perchè ciò gli sia capitato. Gli sarebbe bastato vivere quei delicatissimi anni in un contesto sociale fatto di sentimenti di amicizia e di rispetto per il suo essere un bambino del futuro; uno di quelli, cioè, che nasceranno quando il Genere Umano risorgerà dalle ceneri di questo pantano di miserie nel quale si trova invischiato da secoli.
Concludo dicendo che la malattia mentale può essere indotta da una predisposizione organica ma anche da una situazione sociale quale quella che ha determinato il dramma di quel mio caro parente.
Almeno perchè nessuno può dirsi al riparo da simili evenienze, spetta alle famiglie ed agli educatori il tentativo di pervenire ad una maggiore consapevolezza del danno irreversibile che un certo modo di agire e pensare può determinare alla vita di un nostro prossimo.
Cambierà qualcosa, nella vita di tutti noi, in tempi relativamente brevi? NO. Ma io, da sempre, sono un irriducibile utopista.
Vi saluto con grande affetto.

DNA

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